Panchine
Possiamo notare, quando assistiamo alle telecronache di Champions, calciatori ed allenatori spaparanzati su vere e proprie poltrone: coloratissime, sicuramente comodissime. Un tempo non era così, soprattutto in C1. Le panchina era tipo quelle che c’erano nella Villa Comunale, di ferro, che d’inverno ti gelavi il sedere.
Queste erano avvolte in un parallelepipedo di metallo che aveva la duplice funzione di riparare dalla pioggia (solo se questa cadeva di spalle, e quindi non sempre) e soprattutto proteggere dai lanci di oggettistica varia che, a seconda della gravità del torto subito, si materializzavano sotto forma di:
- ombrelli (ammonizione ingiusta del calciatore di casa)
- monetine, le care vecchie cento lire (in genere lanciate a prescindere contro il giudice di linea)
- caffè Borghetti vuoto (fuorigioco a sfavore ma giusto)
- caffè Borghetti pieno (fuorigioco a sfavore inesistente)
- scarpe (nelle decisioni più clamorosamente a sfavore della squadra di casa, tipo rigore negato o cartellino rosso)
In genere i lanci venivano interrotti solo per consentire al raccattapalle la raccolta delle scarpe. In caso di gesto isolato, non innescato da decisione arbitrale ingiusta, quindi per puro esibizionismo, la tribuna chiedeva al raccattapalle di non restituire le calzature, obbligando gli incauti lanciatori ad un imbarazzante ritorno a casa sui calzini. Trovavano rifugio in questa specie di sarcofago anni settanta l’allenatore, il medico sociale e le riserve. In genere il massaggiatore doveva accomodarsi per terra a lato, quindi esposto alle intemperie ed ai lanci di cui sopra.
I lanciatori avevano un proprio codice etico di comportamento, nel senso che quasi mai il bersaglio era rappresentato dal soggetto scoperto. I dardi venivano sempre scagliati verso la panchina ed in genere riscuotevano successo quelli più rumorosi. Alcuni stadi organizzavano un vero e proprio campionato con tanto di “rumorometro” per misurare in decibel la botta.
Si vinceva l’accoppiata se si provocava anche la reazione dei panchinari. In genere questa consisteva nel fare leggermente capolino per vedere quello che succedeva alle proprie spalle, generando l’ovvia reazione dei tribunari che si manifestava in un moltiplicarsi dei lanci oppure nelle classiche imprecazioni verbali tipo “kitemmuòrt” o “venduti”, a seconda del risultato della gara.
[foto di copertina da calcioweb.eu]