Numeri dieci
Ai tempi del Vestuti, il portiere aveva il numero 1, lo stopper il 5, il centravanti il 9, il terzino destro il 2, il terzino sinistro il 3. Ad ogni numero corrispondeva il ruolo preciso. Oggi i numeri vanno dallo 0 al 99. Si sceglie l’anno di nascita, l’età della fidanzata, dei figli, un numero portafortuna, i miliardi che si guadagnano, gli anni che mancano alla pensione di vecchiaia. All’epoca il 10 era il numero del fuoriclasse, del giocatore più prestigioso, quello dell’ultimo tocco. Rivera nel Milan, Mazzola nell’Inter, De Sisti nella Fiorentina, Juliano nel Napoli.
Anche a Salerno abbiamo avuto i nostri 10. Pietro Esposito, nel 1975, portò dal Brindisi “Sandrino” Abbondanza. Dopo qualche anno nel Napoli, fu costretto a cambiare casacca, oscurato per ruolo e bravura da monumento che era “Totonno” Juliano. Tutto sinistro, era il classico giocatore di categoria superiore. Confermato per la stagione 76-77, Abbondanza contribuì con tanti assist all’ottimo risultato ottenuto da Lucio Mujesan, che realizzò ben 12 reti nonostante la diffidenza generale e i 33 anni.
Con Facchin in panca, la maglia passò ad Antonio D’Angelo, uno dei giocatori più forti mai visti a Salerno. Non entrò nei cuori dei tifosi, in particolare dei “tribunari”. Lo chiamavano “il barese”, per le sue origini non solo calcistiche. Grande visione di gioco, tiro micidiale. In quel campionato 77-78, Costante Tivelli realizzò una valanga di reti: qualcuno i palloni glieli avrà pure passati. Ceduto al Taranto, e successivamente al Rende, perì tragicamente in un incidente stradale il 21 Ottobre 1980.
Con l’infornata cavese del 1979, arrivò Giovanni Botteghi. Capelli lunghi e biondi, sembrava più un figlio dei fiori che un calciatore. Ma era bravo. Con i suoi assist, Gabriele Messina e Vanni Moscon fecero faville. Nel 1980, la Salernitana di affidò a Muzio Di Venere, genio e sregolatezza. Tecnicamente validissimo, a volte però spariva dal campo. Nel torneo 81-82, Mattè lo valorizzò in maniera molto semplice: lo escluse da ogni schema. In allenamento, quando prendeva palla, gli gridava “Muzio scatènati”, come a dire “puoi fare quello che vuoi”.
Con l’arrivo di Marco Fracas, nel 1982, ci fu la prima rivoluzione dei numeri, in quanto il semi-barbuto attaccante giocava con il 10. Forse perché Roberto Chiancone amava giocare con il 9. Tullio Tinti (83-84) non ha lasciato un buon ricordo a Salerno. Evidentemente sapeva già che il mestiere più adatto a lui era un altro. Oggi è un procuratore affermato.
Biagio Lombardi lo ricordiamo per la “castagna” da fuori che gli valse 6 gol in 2 anni. Arcangelo Sciannimanico arrivò a Salerno nel 1987 per portarci in B con Carmelo Bagnato e Vittorio Cozzella. Grande delusione, lentissimo, oggi scopre talenti. Salvatore Campilongo era fortissimo. Aveva solo un piccolo difetto: un pessimo carattere. In effetti fu ceduto più per motivi di spogliatoio che per demeriti tecnici.
Agostino Di Bartolomei (foto di copertina) è stato il più grande di tutti. Capitano della Roma, vinse uno scudetto con Falcao, Pruzzo e Conti. A Salerno fu addirittura escluso dall’allenatore Pasinato che gli preferiva Dalla Costa, il 10 più scarso della storia granata. Acquistato per tirare le punizioni dal limite alla Zico, colpiva sempre la barriera. Per fortuna Pasinato fu allontanato. Con Ansaloni in panchina, nell’89-90 Di Bartolomei guidò la mediana e fu l‘artefice principale della promozione in B con 9 reti.
[foto di copertina da calciomercato.com]