Le strategie dei “portoghesi”
Da dizionario della lingua italiana. Portoghese: abitante del Portogallo. Non solo. E’ detto “portoghese” chi non paga al cinema, al teatro e allo stadio. Ma i simpatici abitanti del Portogallo non c’entrano direttamente. L’espressione “fare il portoghese” nasce a seguito di un fatto avvenuto a Roma nel XVIII secolo: i portoghesi residenti nella futura capitale d’Italia furono invitati dal proprio ambasciatore ad assistere gratuitamente ad uno spettacolo teatrale. Non era richiesto invito formale, bastava dichiarare la propria nazionalità. Furono invece i cittadini romani ad approfittare della situazione, dichiarandosi portoghesi e riuscendo ad assistere a scrocco allo spettacolo.
Torniamo a noi e all’accezione colloquiale della parola in questione. Il Vestuti era pieno zeppo di portoghesi. Molto spesso si leggeva: spettatori 15.000, paganti 6.500, abbonati 5.000. E gli altri 3.500? Portoghesi per definizione erano i balconari, anche se non compresi nella contabilità. Assistevano a scrocco alle partite, con tanto di riparo in caso di pioggia e caffè sicuro durante l’intervallo. Dopo il loro passaggio era necessario chiamare un’impresa di pulizia per eliminare i residui di mozziconi di sigarette, gomme da masticare, briciole, zucchero, fango. Esistevano anche i balconari clandestini. Quelli cioè che cercavano “ospitalità” sulle terrazze dei palazzi circostanti. In genere venivano respinti dai condòmini regolari.
In tribuna, i portoghesi entravano dall’ingresso principale. Politici, autorità, arbitri. La società riservava un apposito ingresso a questi fortunati. Identificati dal pubblico pagante, dovevano subire ogni tipo di insulto. Modico pedaggio alla possibilità di assistere gratis alla partita. I lati Curva Sud e Distinti erano accessibili, o meglio valicabili, dall’alto. Si assisteva ad un vero arrembaggio, con tifosi scatenati che si arrampicavano dappertutto, incuranti del filo spinato e della sorveglianza molto blanda del servizio d’ordine. Spesso, i tifosi meno agili si bloccavano ed impedivano il passaggio degli altri, i quali dovevano cercare altri varchi.
Un modo per non pagare, abbastanza elegante, era quello di improvvisarsi bagarino. Facciamo due calcoli. Nel torneo 81/82 un biglietto distinti costava 8.000 lire. Si compravano 9 biglietti. Otto si vendevano a 9.000 lire e con il surplus il bagarino dilettante finanziava il proprio ingresso. Se poi si voleva realizzare un extraprofitto, il numero di biglietti da rivendere doveva essere superiore, ma questo aumentava i rischi di rappresaglie e soprattutto di crack finanziario in caso invenduti. Controindicazioni: scontro fisico con bagarino professionista.
Altri cercavano di impietosire gli uomini del servizio d’ordine. Le tattiche per entare erano diverse. Dall’ingresso principale si assisteva a veri e propri tentativi di corruzione. Dall’ingresso automezzi si ricorreva alle minacce. Si percuoteva con calci e pugni il cancello fino a quando gli addetti, spazientiti, facevano entrare tutti per il sollievo dei propri timpani. I portoghesi dell’ultima ora entravano a 5-10 minuti dalla fine della partita con l’apertura dei cancelli: anche qui il pedaggio da pagare era rappresentato dagli insulti del popolo della tribuna che, non avendo più energie per urlare contro la squadra, si rivaleva sugli abusivi invitandoli a pagare il biglietto. “Pezzenti” era l’imprecazione più ricorrente.
Esisteva poi la categoria degli avvoltoi, quelli che, in occasione di incidenti di gioco o malori sugli spalti, approfittavano dell’ingresso in campo dell’ambulanza per eludere la sorveglianza e guadagnare le tribune. Anche qui si doveva subire l’insulto del pubblico. Alcuni, veri e propri fuoriclasse, una volta entrati, si fiondavano sulla sinistra in direzione del bar Anna, guadagnavano velocemente le scalette interne per mischiarsi tra i paganti ed unirsi al coro di disapprovazione nei confronti dei colleghi scrocconi.
[foto di copertina da www.news24web.it]