Nati al Vestuti

La pioggia

L’Arechi è uno stadio abbastanza comodo. Parcheggio, posti disponibili a volontà. Presenta solo un piccolo problema: bisogna stare tutti seduti compostamente. Basta una persona fuori posto per compromettere la visuale di migliaia di persone. Quando piove è preferibile non aprire l’ombrello o ripararsi nell’anello inferiore.

Al Vestuti non esisteva riparo ma si riusciva a seguire tutta la partita senza perdere una sola azione di gioco con centinaia di ombrelli aperti davanti agli occhi. Una specie di prodigio della natura, frutto di anni di esperienza, roba da fare invidia a tutte le teorie sull’evoluzione della specie.

Questo l’abbigliamento in caso di pioggia: cerata, cappellino di lana, ombrello, pigiama sotto il jeans, stivaloni da pesca o da caccia. Il tifoso snob si presentava in impermeabile. I meno fortunati, sprovvisti di stivalone, indossavano le mitiche polacchine. Andavano molto di moda ed erano diffusissime tra i “Nati” della mia generazione. Era la scarpa tipica invernale da indossare obbligatoriamente in caso di pioggia. Avevano un unico difetto: bastava un solo millimetro di pioggia per assorbire più acqua di una spugna, praticamente il piede si bagnava già quando l’acqua era a cento metri dalla superficie terrestre.

Ma non possiamo lamentarci. C’era anche chi, in caso di pioggia, era costretto ad assistere alla partita con le famigerate Mecap, le scarpe-cult di gomma, un must degli anni ’70. Le Mecap avevano due caratteristiche: una innovativa, l’altra un po’ meno. La scarpa aveva un bordone bianco che ne consentiva la personalizzazione. Chi scriveva il proprio nome, chi “Anna ti Amo” chi “Granata forever”. Seconda caratteristica: quando te le toglievi si sprigionava una nube tossica che sterminava tutti gli insetti presenti nel raggio di dieci metri. Gli effetti potevano essere letali anche per l’uomo se l’inalazione avveniva a meno di dieci centimetri.

Nel 1986, anno dell’incidente nucleare di Chernobyl, una pioggerellina primaverile sparse il panico. Un tifoso in tribuna urlò: “Uè, l’acqua è radioattiva!” . In pochi secondi il settore si svuotò. Ma l’amore per la casacca riportò sugli spalti tutti i tifosi nel giro di pochi minuti.

Salernitana-Benevento è stata la partita più bella disputata sotto la pioggia. Un grande De Tommasi ed una doppietta di Lucio Mujesan riscaldarono i tifosi fiaccati da 90 minuti (più attesa ed intervallo) trascorsi in ammollo.

Anche Salernitana-Campobasso del 1982 fu una partita umida. Quando Zaccaro realizzò l’uno a zero caddi a terra e tra i ricordi di quella infausta gara c’è anche quello del mio posteriore completamente bagnato. Quella gara, per i “Nati al Vestuti” rappresenta la Corea 1966 degli italiani, l’Uruguay 1950 dei brasiliani, la Germania 1954 degli ungheresi.

La Mecap per nostra fortuna chiuse. I più informati dicono sia stata acquistata dagli iracheni. Pare sia stata l’unica arma chimica ritrovata dalle truppe americane a Bagdad.

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